domenica 1 marzo 2015

Scopriamo i “segreti” della Biodinamica con l’esperto Filippo Ferrari

“Cos’è la Biodinamica?”, “Che differenza c’è fra metodo biologico e biodinamico?”. Molti appassionati mi hanno rivolto questi legittimi quesiti. Le risposte migliori inizierà a darcele un professionista che, oltre ad approfonditi studi teorici, ha praticato l’approccio biodinamico nella coltivazione della vite e per la produzione del Vino.

Filippo Ferrari ha gentilmente accettato di mettere a disposizione la sua esperienza per iniziare a raccontarci gli aspetti più importanti della Biodinamica. Ovviamente le considerazioni che leggerete oggi sono solo una visione di massima, una sorta di prima “infarinatura” per introdurci in questo particolare mondo, che nei mesi futuri avremo modo di approfondire molto più nel dettaglio.

Vi  lascio alle parole di Filippo Ferrari.
 

All’inizio del secolo scorso cominciano a farsi evidenti i problemi derivanti dall’agricoltura industriale, sviluppatasi dopo la prima sintesi dell’urea (concime a base di azoto) avvenuta nel 1825.

I contadini, a fronte di un aumento della produzione a ettaro, osservavano il proliferare di malattie e una decadenza qualitativa dei prodotti agricoli. Quasi cento anni fa si stava perdendo il vero gusto della frutta e delle verdure: fu così che in Germania e in Inghilterra nacquero i primi movimenti volti a offrire una valida alternativa all’agricoltura industriale.

Rudolf Steiner (con le conferenze per “Impulsi Scientifico Spirituali per il Progresso dell’Agricoltura” nel 1924) dette le prime indicazioni per praticare un’agricoltura volta a ristabilire in primis la fertilità della terra, al fine di coltivare le piante in terreni che fossero in grado di farle crescere sane e forti.

Parallelamente, in Inghilterra, Sir Albert Howard si accorse della perdita di vitalità dei suoli dovuta all’utilizzo di concimi chimici e nel 1940 pubblicò i primi risultati dei suoi studi, che poi furono ripresi per effettuare il primo lavoro comparativo relativo ai diversi metodi di coltivazione, resi noti nel 1943 in “The Living Soil”, di Lady Eve Balfour.

Nel 1928 nacque l’associazione Demeter, volta a tutelare e sviluppare i principi della Biodinamica in molti paesi europei, mentre nel 1945 nacque in Inghilterra la Soil Association, con lo scopo di promuovere l’agricoltura biologica. Queste date mostrano come la coltivazione convenzionale sia la vera “vecchia” agricoltura, a differenza di quello che molti pensano: praticare la Biodinamica e il biologico è innovazione, non ritorno al passato.

Il centro di ricerca FIBL, in Svizzera, conduce da 34 anni un esperimento di coltivazione comparativa fra i tre metodi di coltivazione, mettendo in evidenza come il biodinamico, oltre a sviluppare e mantenere la fertilità del suolo legata alla presenza di humus e microrganismi, offra prodotti con cellule vegetali molto più piccole rispetto agli altri metodi, con il risultato di avere piante più forti/sane e alimenti più nutrienti per l’uomo.

Purtroppo oggi sono ancora molte le persone che considerano la Biodinamica una pratica di "stregoneria", basta leggere le innumerevoli parole scritte sul web, anche da nomi autorevoli. Steiner invece nei suoi scritti è molto preciso e ben si guarda dal proporre il suo pensiero come frutto della sola fantasia. Al contrario evidenzia come una giusta osservazione e comprensione di certi fenomeni possa portare l’agricoltore a interagire con la natura in modo edificante ed evolutivo.

Se da un lato con l’agricoltura biologica ci s’impegna semplicemente a non utilizzare molecole di sintesi a favore di molecole organiche, dall’altro con la Biodinamica si lavora intensamente con la natura, per rimediare a quello che provochiamo con l’agricoltura professionale/intensiva.

Bisogna riflettere sulla differenza esistente fra un ettaro di terra coltivato a vigna rispetto e un altro dove sorge un bosco o un prato spontaneo. La prima osservazione è relativa al numero e alla tipologia di radici che colonizzano quel suolo. Si vedono ettari di vigneti nei quali si contrasta in ogni modo possibile la crescita di erbe spontanee con lavorazioni, sfalci frequenti o diserbi chimici, con la scusa di non mettere le piante in competizione e dare spazio alla nostra coltivazione.

Di fatto una vite non dispone le sue radici solo nei primi centimetri di suolo, ma può arrivare a profondità notevoli ed è per questo che se noi la concimiamo, la obbligheremo invece a stare in superficie, portandola a essere molto soggetta alle variazioni climatiche e alla disponibilità immediata di elementi nutritivi.

Al contrario un terreno ben strutturato e con una buona dotazione di humus e microrganismi (data dalla presenza di diverse tipologie di radici e quindi di piante e relative fioriture) permetterà alle coltivazioni di vivere in simbiosi con la terra in cui cresce, grazie alla quale svolge il suo ciclo vegetativo.

La Biodinamica coltiva in primis il suolo, seguendo un calendario per praticare le giuste lavorazioni, fare i sovesci, allestire i cumuli di letame e utilizzare in modo corretto i preparati biodinamici. Quindi si potrebbe affermare, senza paura di sbagliare, che il metodo biologico è una semplificazione del lavoro molto più attento messo in atto dalla Biodinamica.

E’ inutile nascondere la presenza di un universo molto ben organizzato, nel quale il pianeta in cui viviamo è inserito con grande precisione. Pensiamo facilmente all’influenza che la Luna ha su di noi, ma ci resta molto difficile pensare che pure tutti gli altri pianeti abbiano un ruolo altrettanto definito, eppure non può essere diversamente, altrimenti non ci sarebbero.

La natura non concepisce niente di superfluo, se un qualcosa è presente, visibile o meno, è perché ha un compito preciso e non casuale, così noi dovremmo essere in grado di capirlo e considerarlo in ogni gesto.

L’esperienza dell’organizzazione SEKEM nel deserto mette in luce come la Biodinamica possa salvare il suolo dalla desertificazione, a differenza dell’agricoltura convenzionale che spesso porta al risultato opposto. Il biologico si pone nel mezzo ed è il primo passo per arrivare a vivere e coltivare in modo più completo e rivitalizzante, ma la Biodinamica va oltre e porta risultati sorprendenti, con un minimo impiego di materie prime.

Basti pensare alla pratica di sotterrare delle corna riempite di fatta di vacca che dopo sei mesi, con dosaggi minimi a ettaro e con la dinamizzazione, consentono di apportare un “messaggio” qualitativo e quantitativo molto più completo rispetto alla somministrazione di svariati quintali di concime per ettaro, come si è soliti fare negli altri metodi agricoli.
 

Continuate a seguire "Vino in Sala", perché in futuro proseguiremo questo affascinante approfondimento sulla Biodinamica.
 
 
FILIPPO FERRARI: classe 1979, nato e cresciuto alla Fattoria Le Sorgenti di Bagno a Ripoli (Firenze). Diploma di 1° Livello in Viticoltura ed Enologia nel 2003 presso la Facoltà di Agraria di Pisa. Nello stesso anno inizia a studiare e applicare il metodo biodinamico, approfondendo negli anni con corsi di formazione come studente presso Agri.Bio Piemonte e come studente/docente presso Apab Firenze. Membro C.d.a. Consorzio Vino Chianti come rappresentante dei produttori, dal 2004 al 2010. Attualmente membro del consiglio della Sezione Toscana dell’Associazione Nazionale Agricoltura Biodinamica e consulente di produzione per aziende Vitivinicole Biologiche e Biodinamiche. Ideatore del progetto ViniEtici (www.vinietici.com) con cui valorizza il rapporto tra produzione e consumo di vini “sostenibili, unici e buoni”.

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